Umberto Ponziani

Il bisogno tutto umano di trascendere l’esperienza concreta, di riferirsi ad una dimensione spirituale appare un bisogno universale. Comprende vari livelli della personalità: il livello cognitivo, affettivo, relazionale e sociale. La Psicologia Individuale ha sempre mantenuto un orientamento aperto e rispettoso verso questi ineludibili bisogni umani. Può proporsi come un approccio illuminante per la comprensione della complessa fenomenologia soggettiva che sottende le scelte e i modi di vivere la ricerca del trascendere l’esperienza concreta del vivere.

La personalità umana, nel continuo bisogno di conoscenza e di senso, può evolvere verso una piena realizzazione di sé o bloccarsi in modalità rigidamente disfunzionanti. La Psicologia Individuale è in grado di proporre un’analisi accurata di queste modalità in cui la ricerca del potere individuale gioca un ruolo di primo piano.

Il fondamentalismo, l’integralismo, ma anche frequenti e particolari strutturazioni del sé si propongono per una lettura approfondita e complessa per decifrare l’attuale ripresa della spiritualità nelle luci e nelle ombre del nostro tempo.

Spiritual needs and power

Self-structuralism/style of life and current religious phenomena

The entirely human need to reach beyond concrete experience, to relate to a spiritual dimension, appears to be a universal need. This involves various levels of the personality: cognitive, affective, relational and social. Individual Psychology has always maintained an open and respectful approach towards these unavoidable human needs. The study of the transcendence of real life experiences may offer an approach that can provide insights into the complex subjective phenomena influencing choices and ways of life.

The human personality, with its continuous need for knowledge and sense, can evolve towards the complete realization of self or become blocked in rigidly dysfunctional ways. Individual Psychology can provide an accurate analysis of the ways in which the search for individual power plays a leading role.

Fundamentalism, integralism, but also frequent and particular Self-structurings, are proposed for in-depth and complex examination to decipher the current return of spirituality in the light and in the shadows of our time.

1. Il bisogno tutto umano di trascendere l’esperienza concreta, di riferirsi ad una dimensione spirituale appare un bisogno universale

Una cinquantina di anni fa Gordon Allport sottolineava come ormai gli psicologi trattassero con grande franchezza la sessualità, ma ancora fossero estremamente imbarazzati quando erano in causa i isogni spirituali.

Possiamo affermare ancora oggi che per molti approcci psicologici sia ancora così.

I bisogni di rigore scientifico e la necessità di corretto confinamento epistemologico rispetto alla filosofia e alla teologia mantengono i bisogni spirituali umani troppo al di fuori degli studi e delle ricerche psicologiche.

Eppure nelle mondo miliardi di persone si riferiscono in termini più o meno profondi alle religioni monoteistiche, moltissimi altri accolgono spiegazioni ideologiche che danno senso e valore al proprio vissuto. Certamente tutti sono incessantemente impegnati a cercare spiegazioni prendendo a riferimento un punto di vista superiore e staccato dalla propria esperienza umana diretta. In questo senso appare ineludibile per la psicologia l’esigenza di occuparsi di questi bisogni spirituali uscendo dalla riduzionismo che ne ha operato la psicoanalisi e in buona parte anche la psicologia dell’io. Certamente la psicologia della religione in questi ultimi decenni si è interessata correttamente, definendo cioè con molta precisione l’oggetto di studio e i limiti epistemologici, dei bisogni religiosi. In questo contesto, però, intendo porre l’attenzione ai bisogni, tutti i umani, di trascendere l’esperienza concreta e non in particolare alle sole scelte squisitamente religiose. D’altra parte i tempi sembrano richiedere nuove e approfondite riflessioni. La globalizzazione dei mercati e delle idee, le conoscenze mediatiche sempre più ampie, i flussi migratori che portano a contatto modi di essere di pensare anche molto diversi rappresentano un forte stimolo ad interrogarci sui bisogni di assoluto umano. Continuamente, in questa realtà variegata, si pongono in primo piano le esigenze di saper decifrare gli assoluti di riferimento che entrano in gioco nelle grandi scelte esistenziali.

Per correttezza e chiarezza lessicale propongo di utilizzare il termine “metaesperienziale” al posto di metafisica, di spiritualità umana, per indicare il bisogno, tutto umano, di trascendere l’esperienza concreta del vivere. Metaesperienziale significa << al di sopra dell’esperienza>> come il termine metafisica, ma appare meno filosofico e più utilizzabile in termini psicologici nel definire questo bisogno umano.

2. Comprende vari livelli della personalità: il livello cognitivo, affettivo, relazionale e sociale

Secondo la nostra rcerca e riflessione, questo bisogno umano di trascendere l’esperienza concreta si esplicita in vari livelli del funzionamento della nostra attività mentale. In un’ottica bio-psico-sociale appaiono rilevanti sia la dimensione biologica che quella cognitiva, ma anche quella affettiva, relazionale e sociale.

Sostanziale è anche valutare la presenza contestuale di un’operatività consapevole e inconsapevole in cui questi livelli sono continuamente immersi. Ci riferiamo al concetto di sé/ stile di vita dinamicamente intriso di consapevolezza e inconsapevolezza.

Gli studi più attuali in termini biologici, in particolare quelli neuroscientifici, propongono interessanti rilievi circa la possibilità che il nostro cervello sia impostato per svolgere continuamente ricerche di senso e spirituali. I moderni approcci istintualistici, invece, non sembrano tener conto di questa ricerca umana incessante. Sottolineano però che alcuni istinti di base potrebbero sostenere congiuntamente questi bisogni. Ad esempio l’istinto di ordinamento logico-formale, quello di protezione e cura, di autoefficacia, di esplorazione e di autoconservazione potrebbero nell’insieme sostenere la tendenza umana al metaesperienziale.

Riteniamo funzionale, ma anche finzionale, esplorare i bisogni di riferirsi ad assoluti di riferimento ai livelli cognitivi, affettivi, relazionali e sociali del nostro funzionamento psichico.

Così, a livello cognitivo, cerchiamo incessantemente di capire i fenomeni e le situazioni collocandole in contesti sempre più allargati e connessi. Risulta più efficace cogliere i significati degli accadimenti operando attraverso successivi passaggi per porli in livelli di conoscenza superiori. L’intelligenza umana si è messa in grado evolutivamente di accedere alla costruzione di ipotesi sapendo utilizzare sempre di più la presenza di variabili indipendenti. Anche l’evoluzione scientifica sembra dimostrare questa considerazione. La storia della ricerca scientifica evidenzia il progressivo passaggio dall’osservazione diretta e dalla comprensione ingenua dei fenomeni a livelli di astrazione sempre più complessi in grado di ripulire i dati rilevati dalle variabili più contingenti e quindi spesso confusive. È possibile riferirsi in termini esemplificativi sia alla definizione del metodo sperimentale galileiano sia alla costruzione delle grandi geometrie. Galileo ipotizzando il vuoto, ed escludendo quindi la presenza dell’attrito atmosferico che incrinava pesantemente i suoi esperimenti sulla caduta dei gravi, riuscii ad elevare la conoscenza dei fenomeni ad un livello superiore superando i limiti della conoscenza diretta umana. La geometria euclidea postulando i concetti di punto, linea, piano è riuscita a superare la variabilità concreta limitativa e confusiva di forme e dimensioni.

A livello emozionale la riflessione appare sostenuta da evidenze della storia personale di ognuno di noi. Risulta evidente come i bisogni emozionali umani giochino una parte rilevante del nostro tendere all’assoluto. L’uomo non ha solo bisogno di capire, ma ha anche paura, avverte dolorosamente la sua inadeguatezza, sente potentemente il bisogno di non sentirsi solo e inutile, vuole avere un senso che superi la limitazione della morte e della sparizione, ha bisogno di essere gratuitamente amato e valorizzato per le sue fatiche.

Il livello relazionale, in un profondo intreccio fra bisogni emozionali e cognitivi, completa e articola la spiegazione della tendenza umana a superare l’esperienza concreta e a rivolgersi anche ad entità superiori. In termini di metaesperienziale cercare in entità superiori, Dio o altre divinità, ma anche in una particolare ideologia umana o la scienza, sottolinea un bisogno di mettersi in una relazione significativa che offra sostegno inattaccabile e costante. Se nelle relazioni umane possiamo sentirci inutili e marginali, avvertirci umiliati e offesi, l’incessante tentativo di riferirsi ad un assoluto, soprattutto in termini religiosi, ci promette sollievo, infinita comprensione, inalterato amore, spiegazione delle sofferenze, riscatto e perdono. Questo impone nella relazione un contesto triangolare che apre potenti strumenti di drammatizzazione dell’altro umano (l’altro umano diventa importantissimo perché condivide la stessa appartenenza), di sdrammatizzazione della relazione terrena (l’altro umano è solo un altro, non l’altro definitivo). Lo scenario relazionale che ne risulta è immediatamente allargato, amplificato nel dare profondità e relatività alla relazione a due e alle relazioni terrene.

Il livello sociale dei bisogni spirituali appare sostenuto dalla necessità di riferirsi ad un vertice di livello superiore che garantisca ad ognuno regole e diritti nella costruzione della realtà sociale. La presenza di un altro o di un’idea superiore al singolo individuo diventa un potentissimo invito alla socialità, alla ricerca di senso delle relazioni terrene, di ordine collettivo e, di etiche condivise, di leggi per la convivenza. Per stare bene insieme, per costruire le comunità sociali e dare loro continuità e spessore è necessario rivolgersi ad un livello superiore e in grado di porsi come garante e controllore dei comportamenti relazionali, spingendoli al riparo degli eccessi individualistici

In sintesi, la profonda articolazione fra livelli cognitivi, emozionali, relazionali e sociali alla ricerca di dare senso all’esistenza umana, di collocarlo su livelli più rassicuranti e più adattati alle difficoltà della vita sembra fornire i spiegazioni sufficientemente articolate del bisogno umano di metaesperienzialità.

3. La Psicologia Individuale ha sempre mantenuto un orientamento aperto e rispettoso verso questi ineludibili bisogni umani

È ampiamente conosciuta la posizione della psicoanalisi freudiana in merito ai bisogni religiosi e spirituali. Sebbene verso la fine della sua esistenza Freud abbia cercato di riconsiderare la sua posizione rispetto a questi settori dello psichismo umano accogliendone la complessità di analisi in precedenza negata, il movimento psicoanalitico nel suo insieme ha fornito una visione riduttiva dei bisogni religiosi e spirituali umani. Anche molti altri approcci psicologici, pur con una sensibilità diversa, hanno di fatto prodotto posizioni riduzionistiche. È il caso dell’approccio umanistico-esistenziale che ha dato vita a vari i filoni di ricerca in questo senso, con una accezione che possiamo definire funzionalistica. Pur riconoscendo queste tendenze verso la spiritualità, hanno interpretato le tendenze religiose come un mezzo per la completa realizzazione del sé in accezioni eccessivamente funzionalistiche.

Diversa posizione è riconoscibile sia alla psicologia junghiana sia alla psicologia delle relazioni oggettuali. Soprattutto quest’ultima ha fornito analisi di notevole profondità e correttezza.

Anche l’approccio costruttivistico, considerato nel suo variegato insieme, sembra fornire attualmente, soprattutto nelle sue forme meno radicali, un substrato epistemologico capace di cogliere correttamente l’importanza e la specificità dei bisogni spirituali umani. Infatti se superficialmente il costruttivismo appare come una posizione epistemologica di fatto escludente di realtà esterne date, quindi anche di un sacro, appare comunque aperto ad un’interrogazione ampia dell’essere umano in tutti i suoi significati. Nelle poche posizioni teoriche che si sono avvicinate alla spiritualità si riscontra sostanzialmente un rispetto attento alla sacralità, che, se pur inconoscibile, fa parte dei bisogni umani profondi e quindi degna di attenzione e di rispetto totale. Questa posizione epistemologica ci impone di essere consapevoli dell’influenza sostanziale che la realtà viene sempre distorta anche in funzione del nostro stesso esserci. L’osservatore fa parte integrante della stessa realtà osservata e la determina (Maturana e Varela 1980).

Questo modo di concepire l’uomo richiama quindi all’estrema soggettività del nostro pensare il mondo e libera il campo da verità esperibili totalmente. Siamo quindi costruttori di conoscenza e viviamo in un mondo di opinioni personali (Adler 1933). Il costruttivismo appare quindi un potente strumento di comprensione della realtà. Il sacro, lo spirituale, il metaesperienziale rimangono in una realtà esterna poco conoscibile, ma che ci può essere profondamente. Il problema è quello di sapere, piuttosto, che ci accostiamo ad essi con tutto il nostro portato soggettivo di cui dobbiamo essere consapevoli per non scambiare il vissuto personale per la realtà.

L’approccio adleriano, che potrebbe ascriversi superficialmente nei filoni umanistico-esistenziali in realtà si pone più precisamente come teoria costruttivistica. La sua proposta dell’idea di Dio come la più alta espressione del bisogno di perfezione umana fa pensare, anche, ad un sostanziale riduttivismo in quanto sembra non riconoscere una trascendenza esterna ai bisogno del tutto umano di assoluto. In una considerazione più approfondita l’approccio individualpsicologico esprime dichiaratamente di volersi occupare degli aspetti metafisici che coinvolgono l’uomo nel suo cammino esistenziale:

“hanno forse ragione coloro che avvertono nella psicologia individuale una componente metafisica, apprezzata da alcuni e criticata da altri. Molti, purtroppo hanno una concezione errata della metafisica e vorrebbero escludere dalla vita dell’umanità tutto ciò che non possono cogliere con immediatezza. Il nuovo nasce da un’idea che raccoglie e condensa i dati dell’esperienza. Una vera scienza sconfina sempre nella metafisica e deve essere speculativa e trascendentale. Non trovo ragioni per diffidare della metafisica, che ha influenzato in sommo grado la vita e l’evoluzione dell’umanità” (Adler 1933; trad. it. 1990, 204-205).


Queste considerazioni appaiono illuminanti per lo stimolo verso una comprensione che non voglia schiacciarsi esasperatamente in chiusure riduttive. Adler invita a tenere ben distinti oggetto e metodo di ogni scienza, ma invita chiaramente alla necessità di tenere aperta l’interrogazione sul senso della vita che continuamente cerchiamo e che non può non indirizzare in qualche misura il cammino della psicologia. Il percorso indicato è dichiaratamente aperto al mistero e al bisogno di interrogarsi continuamente, in uno sforzo costante e in una sfida alla complessità del vivere pienamente e maturamente accolta.

4. La Psicologia Individuale è in grado di proporre un’analisi accurata di queste modalità in cui la ricerca del potere individuale gioca un ruolo di primo piano

L’enfasi che Alfred Adler e tutta la psicologia individuale pongono sui bisogni di superiorità e di potere appaiono in questo senso importanti e sostanziali per poter analizzare compiutamente gli usi personali armonici e distorti che individualmente possiamo fare di questa ricerca di senso. La capacità intrinseca della teoria adleriana di cogliere compiutamente l’incidenza dei fattori culturali, sociali, ambientali, familiare, emotivi e cognitivi offre efficacissimi elementi di analisi allargate e complete . il profondo tessuto teorico dei bisogni relazionali e sociali pongono l’individualpsicologia nella possibilità di cogliere limpidamente e articolatamente gli stili di vita individuali, gli usi finzionali in gioco. Il presupposto evolutivo, sottolineato da Adler, che ognuno di noi inizia con la profonda sensazione di fragilità e di inadeguatezza da conto dei processi nevrotizzati di sviluppi supercompensanti tutti intrisi di l’egocentrismo e di individualismo in cui la ricerca della superiorità e del potere personale possono giocare un ruolo fenomenale. L’istanza originale adleriana del sentimento sociale pone le basi per la comprensione della disfunzionalità di molte scelte individuali e indica il crinale di separazione fra stili di vita disfunzionanti e funzionanti, fra lato positivo e negativo dell’esistenza. Il complesso sistema teorico sulle finzioni costituisce un ulteriore strumento di lettura approfondita delle scelte individuali in opera. Il concetto di sé creativo fornisce lo strumento definitivo per cogliere le scelte individuali e le caratterizzazioni più variegate.

La psicologia individuale adleriana si caratterizza per la primarietà che affida all’impronta individuale in grado di mettere al proprio servizio le istanze biologiche, ambientali e socio-culturali. Lo stile di vita è in grado di modulare il modo di pensare anche il sacro e le idee spirituali in genere così come modula i dati biologici e i dati ambientali. Allora il pensiero rivolto ai bisogni spirituali sarà comunque soggettivo e influenzerà i modi stessi del sacro. D’altra parte possiamo riconoscere all’esterno da noi, quindi anche il sacro, una intima rilevanza che mantiene comunque una propria potenza modulatrice. Quindi non solo lo stile di vita influenza i bisogni spirituali, ma anche gli stessi bisogni spirituali moduleranno il sé personale. Il dinamismo umano verso l’acquisizione di forza e potere in dinamica e problematica articolazione con il sentimento sociale produrrà individualmente strutture personologiche le più differenziate.

5. La personalità umana, nel continuo bisogno di conoscenza e di senso, può evolvere verso una piena realizzazione di sé o bloccarsi in modalità rigidamente disfunzionanti

La tendenza ineludibile verso l’interrogarsi intorno ai bisogni di senso si propone come in tutte le situazioni umane in modo tale da poter rappresentare un forte stimolo verso una ricerca aperta, problematica e fruttuosa dei nostri compiti esistenziali, ma anche come una disfunzionante opportunità per utilizzare il sacro e i bisogni spirituali piegandoli a stili individuali nevroticamente impostati. In modo spesso inconsapevole i bisogni di potere e di affermazione personale, disequilibrati rispetto alle istanze sociali, possono inquinare pesantemente le ricerche di senso e i comportamenti conseguenti.

Nei casi di pieno e armonico sviluppo dello stile di vita il rapporto con il metaesperienziale prescelto è improntato a libertà, consapevolezza, criticità, serena rispettosità nei confronti delle altre appartenenze, determinazione salda nei confronti delle scelte esistenziali vissute con profonda coerenza e responsabilità. L’approccio complessivo è profondamente orientato al rispetto per l’umanità di ogni persona, posta al di sopra di qualsiasi riferimento e salvaguardata in ogni situazione. L’originalità, le peculiarità personali, le sensibilità individuali potranno enfatizzare aspetti parziali del metaesperienziale costruendo stili di approccio variegati e anche molto diversi, ma sempre nella libertà e nella consapevolezza delle proprie scelte e delle proprie responsabilità.

Per descrivere sinteticamente alcuni stili relazionali intrecciati a vissuti metaesperienziali possiamo riferirci ad una finzionale caratterizzazione relazionale. In questo senso, nel tratteggiare quattro stili di vita in grado di descrivere l’influenza dello stile personale sui bisogni spirituali, proponiamo funzionalmente quattro gruppi di riferimento: l’altro al centro, il sé al centro, il rifiuto dell’altro, il sé pienamente funzionante.

L’altro al centro

Numerosi sono gli stili di vita che includono tratti relazionali in cui l’enfasi è posta sulla centralità dell’altro. Qui interessa mettere in evidenza come la ricerca di potere e affermazione della vita possa passare spesso attraverso atteggiamenti dimessi in cui viene posto al centro dell’esistenza non il sé ma l’altro. Come individualpsicologi sappiamo che questi stili di vita possono in realtà fornire inconsapevolmente un senso di potenza e forza nell’accogliere la dominanza dell’altro e affermarne nel silenzio la primarietà. In realtà spesso si tratta di un modo assai contorto e amaro di acquisire attraverso il sacrificio e nella non affermatività un forte senso di sé. Le persone con questi stili di vita appaiono a se stesse e agli altri beni orientate con gli orientamenti metaesperienziali selezionati. Sembrano vivere efficacemente le modalità religiose richieste, sono spesso modelli ritenuti adeguati di comportamento. Il loro comportamento risulta così in linea con l’altruismo e l’abnegazione per gli altri coerentemente con gli ideali religiosi e di socialità. Solo in situazioni particolari e all’osservazione attenta e approfondita mostrano le tipiche rigidità del loro stile di vita. Anche qui solo apparentemente non vi è una tendenza al potere, ma la sacrificalità e gli atteggiamenti dipendenti proposti sono orientati ad assumere ruoli di superiorità e di controllo.

Il sé al centro

Moltissime sono le caratterizzazioni personali in cui rimane in primo piano l’egocentrismo. Quegli stili di vita sviluppati da approcci educativi scarsamente orientati alla socialità e al riconoscimento degli altri, errori educativi o vere e proprie scelte egocentranti orientate a sviluppare una chiusura all’altro o una competitività individualistica esasperata possono favorire un uso dei bisogni spirituali particolarmente disfunzionante. Un forte bisogno di superiorità personale può essere riconosciuto in quei comportamenti verso il metaesperienziale in cui è in primo piano il bisogno, spesso inconscio, di sentirsi dalla parte più giusta e più illuminata e da cui esercitare atteggiamenti giudicanti e svalutanti delle altre. È spesso riconoscibile, in questi casi, un dogmatismo sostanziale e strumentale alla possibilità di essere più in alto degli altri e delle loro scelte. Nelle situazioni connesse a forti tendenze perfezionistiche in primo piano saranno i dubbi e le oscillazioni, la necessità di non sbagliare le scelte e quindi un continuo e bloccante processamento delle proprie scelte metaesperienziali. Possono allora apparire atteggiamenti perfezionistici o vere e proprie impossibilità a sentirsi parte profondamente integrante di una scelta. Allora saranno visibili comportamenti dogmatici o rimuginamenti tesi ad escludere possibili errori per non perdere la certezza del proprio nevrotico perfezionismo. Può essere degno di nota inserire qui una variegazione individuale che si esplicita nel perseguire esclusivamente il proprio benessere egocentrato escludendo qualsiasi ricerca di livello superiore. È supportato, soprattutto nei giovani, da un totale rifiuto di interrogarsi sul senso della propria esistenza. È un tentativo di vivere qui e ora che cerca di trarre tutto quello che possibile dalla vita quotidiana negando ogni esigenza di complessità del vivere con stili di vita che enfatizzano il consumo delle cose e degli altri. Le strategie del consenso mediatico, il rifiuto dell’interrogarsi su piani metaesperienziali non è supportata da considerazioni intellettuali, ma da una limitazione a sé nel tempo e nello spazio che fa considerare importante solo il proprio personale tornaconto. Posizioni simili possono essere rilevate anche in quei filoni spirituali mistici genericamente definibili new age. Insieme a legittime e genuine scelte di capire la realtà in modi diversi, tipici di alcuni settori della cosiddetta new age, sono presenti ricerche individualistiche, impaurite e riduzionistiche della complessità dell’esistenza.

Il rifiuto dell’altro

Gli stili di vita caratterizzati dal rifiuto dell’altro si esplicitano attraverso atteggiamenti di isolamento, paura dei legami, contrapposizione rigida verso gli altri, forte mancanza di empatia e solidarietà umana e, a volte, anche di negazione vendicativa. Nello sviluppo di queste personalità i rapporti con le persone significative sono apparsi angoscianti e spesso distruttivi ed hanno spinto a logiche private di ritiro e di isolamento. Non si tratta dell’egocentrismo tipico delle supercompensazioni e della ricerca di superiorità, è caratterizzato dalla decisione sofferta di allontanarsi dagli altri. Questi ritiri personali si tingono a volte di vendicatività, di arroganza e di tracce di sadismo, alcune volte sono evidenti anche vissuti di vittimismo e di martirio. La superiorità acquista in questi casi una coloritura di lontananza e di distacco dagli altri. Si assiste a varie difficoltà a sentire e rispettare l’umanità degli altri. In relazione alle scelte spirituali si assisterà allora ad atteggiamenti simili a quelli proposti precedentemente, ma orientati maggiormente ad aggressività, negazione e distacco. L’eventuale partecipazione alle scelte metaesperienziali risulteranno distanti dalla calda compartecipazione con un gruppo, ma sarà caratterizzata da isolamenti relazionali in cui ci si riferisce allo spirituale in termini singoli ed escludenti gli altri.

6. Il fondamentalismo, l’integralismo, ma anche frequenti e particolari strutturazioni del sé si propongono per una lettura approfondita e complessa per decifrare l’attuale ripresa della spiritualità nelle luci e nelle ombre del nostro tempo

Il fondamentalismo, l’integralismo sono fenomeni complessi molto emergenti in questi ultimi periodi. Qui vogliamo riferirci non tanto ai fenomeni a cui sono legati precisamente i termini. Ma a tutta quella miriade di comportamenti religiosi contraddistinti nell’insieme dall’assolutizzazione che viene operata rispetto alla scelta spirituale di riferimento. Quello che accomuna tutti i movimenti è ciò che Kepel definisce ” il ritorno della religione sulla scena politica, dopo il lungo processo storico segnato dalla secolarizzazione “. Il fondamentalismo costituisce un terremoto socioreligioso di grandi dimensioni. I movimenti di reislamizzazione e di ricristianizzazione, per esempio, si pongono dialetticamente contro una modernità che sembrava essere cosostanziale alla secolarizzazione. Se essere moderni comportava fare a meno di Dio e dover escluderlo dai grandi ambiti intorno ai quali le società si organizzano, i movimenti di grande risveglio religioso radicali e fondamentalisti diventano un nuovo modo di essere per milioni di credenti sparsi in diverse grandi religioni. Le difficoltà materiali, economiche e sociali che favoriscono il riprendere di molti movimenti fondamentalisti, soprattutto nei paesi periferici, spesso rappresentano lo sfondo essenziale per comprendere la durezza delle forme di lotta. Così il fondamentalismo si propone di mettere in evidenza che i legami sociali sono diventati deboli e diventa quindi la spia di un malessere dovuto alla bassa solidarietà sociale e al conseguente basso livello di fiducia nei confronti del sistema politico. La delusione delle promesse di soluzione dei problemi dell’esistenza caratteristici delle ideologie, la caduta delle speranze di riscatto affidate alla sola ragione, un consumismo piegato solo alle ragioni del mercato, la perdita della solidarietà e delle origini salde della propria identità individuale e sociale hanno indotto disillusioni che trovano soluzioni accessibili in spinte fondamentaliste e integraliste. Come si è sinteticamente visto, questi movimenti hanno complesse origini ed hanno portato alla luce un disagio importante rimettendo al centro le insicurezze e le inadeguatezze delle persone e di fronte ai significati della vita. Ad una attenta analisi non può sfuggirne, però, il riduzionismo operato ed anche la pericolosità di tali derive individuali e collettive. Il nodo di fondo rimane l’asservimento dei dati spirituali ai bisogni di sicurezza della propria identità singola e di gruppo o piegato ad un progetto politico che lo svilisce e lo trasforma in un fallimentare strumento di tirannia e di terrore.

7. La psicologia del fondamentalismo

L’attenzione ai fenomeni fondamentalisti impone una multidisciplinarietà consapevole della complessità dei fenomeni connessi. Conoscenze storiche, economiche, filosofiche, sociologiche, psicosociali e psicodinamiche sono essenziali per cogliere pienamente le interrelazioni fra i vissuti personali e gli esiti sociali che si intende analizzare. È opportuno avvalersi in questo tentativo di analisi di un punto di vista in grado di cogliere il fenomeno nel suo intreccio problematico utilizzando un approccio costruttivista e socialmente orientato come quello adleriano. Facendo punto sul sé come processo autocostruito e partendo dalle peculiari connotazioni biologiche personali, questo approccio mette al centro dello sviluppo individuale l’interazione con l’ambiente circostante con tutte le implicazioni culturali e storiche che lo sostengono.

In primo piano è opportuno considerare la complessa difficoltà personale di uscire dall’autocentramento esitando di fatto in una profonda carenza di sentimento sociale, di apertura all’altro e un chiudersi difensivo in una relazionalità egocentrata e chiusa in gruppi di riferimento che sostengono un’immatura dipendenza individuale e ideologica.. I bisogni di dare ancoraggio alla propria identità percepita, di solito inconsapevolmente, come pericolosamente instabile risultano in primo piano. Ognuno di noi ha un potente bisogno di stabilità interna e di continuità e può avvertire profonde angosce di frammentazione e di dispersione di sé in diversi momenti della vita soprattutto in relazione a processi di cambiamento o di rielaborazione del proprio modo di stare nel mondo. Il bisogno di ancorarsi a certezze, al passato, a persone idealizzate, ad assoluti assolutizzabili può spingere a derive rassicuranti, ma molto pericolose. Queste paure e il profondo timore della propria inadeguatezza, personale e collettiva, può stimolare persone o gruppi alla ricerca di soluzioni rigidamente ipercompensatorie che spingono verso eccessivi bisogni di potere e di supremazia sugli altri e sulle loro idee. Il bisogno di superare, compensare, il senso di inadeguatezza personale presente in ognuno di noi ci spinge a trovare soluzioni esistenziali che, in condizioni aggravate particolari, si possono indirizzare verso la violenza e la sopraffazione e trasformare le scelte di assoluto in scelte assolutizzate dove la sola logica possibile si riduce a dicotomie semplici fra buono cattivo, giusto e sbagliato, vincente e perdente. La minacciosa miscela di stili relazionali non adeguatamente evoluti, di profonda insicurezza esistenziale personale, della paura delle nuove forme di esistenza che intaccano i vecchi schemi rassicuranti come nei fenomeni di globalizzazione selvaggia, dell’insufficiente apertura all’altro e agli altri di certe evoluzioni personali possono spiegare i motivi psicologici interni di scelte supercompensatorie estreme in cui è impossibile un adeguato rapporto dialettico con l’assoluto. Pure nella considerazione delle grandi differenze fra persone persona, fra storia e storia e che indivisualizzano qualsiasi identità, ogni assoluto e ogni ideologia possono essere assolutizzati alla ricerca di una soluzione che nello stesso tempo superi la paura dell’essere nulla nella vita attraverso un percorso che elimina il concreto e faticoso lavoro di crescita efficace per avere subito e onnipotentemente la sensazione di essere superiore. Aggiungendo a questo l’appartenenza a gruppi che vivono situazioni marginalizzate e poco acculturate e con una striscianti vissuti di impotenza, già impostate in termini esasperati e in presenza di personalità fascinose trascinanti, si può comprendere come sia possibile la deriva personale fondamentalista. Anche la famiglia di origine è spesso ancorata in una rete di appartenenze che ne restringono la cultura interna e non le permettono un approccio ampio, dialettico e approfondito delle scelte metaesperienziali. Ancor di più la stessa famiglia primaria, coinvolta in un vissuto condiviso di impotenza, stimola appartenenze simbiotiche e falsamente rassicuranti e vincola l’evoluzione personale al perseguimento di riscatti collettivi. L’egocentrica personalità del fondamentalista, apparentemente aperto all’altro e votato alla difesa o alla affermazione del proprio gruppo, lo induce ad una deriva drammatica di non accoglienza e di non rispetto per le idee e i vissuti delle persone con scelte spirituali diverse. L’affermazione di queste culture integraliste e fondamentaliste nei gruppi sociali, la convinzione finzionale della loro efficacia personale e sociale nello spiegare il mondo, la chiusura dei contatti di dialogo con realtà esterne e più articolate e mature sul piano culturale e civile sostengono false sensazioni di adeguatezza e rinsaldano sicurezze e legami nel nome di un assoluto che, assolutizzato anch’esso, perde la sua valenza di stimolo all’elaborazione e alla crescita individuale e comunitaria.

In realtà appare necessario sottolineare che parecchie di queste dinamiche sono di fatto assai possibili per tutti gli uomini e che possono esporci, quindi, tutti, a rischi di derive personali esasperate e pericolose nel rapporto con la spiritualità prescelta. La tentazione di pensare al fenomeno fondamentalista come lontano da noi e appartenente ad altre realtà appare un atteggiamento difensivo e pericoloso. I semi di questo pensare sono presenti in tutti noi. Avvertirli, riconoscerli e considerarli può rappresentare l’inizio di un faticoso percorso di ricerca verso obiettivi di integrazione alta della personalità individuale. In ogni uomo sono presenti, fortunatamente, tendenze all’apertura all’altro, al rispetto, alla condivisione e alla cooperazione. Un complesso e consapevole rapporto con l’assoluto scelto rappresenta un potente stimolo verso il sentimento sociale per il superamento del nostro egocentrismo.

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